Data pubblicazione: 12/05/2021
Ultimo aggiornamento: 12/05/2021
Nella pratica clinica la Gnatologia si occupa di studiare la fisiopatologia del sistema cranio-cervico-mandibolare. Con il termine “clinica gnatologica” si intende, dunque, l’indagine e la cura di strutture tra loro relazionate quali l’articolazione temporomandibolare (ATM), il rachide cervicale, i denti, la lingua.
Se il legame tra denti e il movimento della mandibola (cioè tra occlusione dentale e funzione dell’ATM) sembra abbastanza intuitivo, può non esserlo altrettanto quello tra le altre strutture sopra citate.
Da numerosi anni, in letteratura così come nella pratica clinica, la continuità anatomica miofasciale e la convergenza neuronale spiegano la comunicazione tra le componenti di questo sistema. Un esempio è l’esigenza, anche grazie alla continuità anatomica, del movimento che il rachide cervicale deve svolgere durante la deglutizione in relazione a quello della lingua e dell’ATM. (1)
Un altro esempio è la convergenza delle informazioni del dolore (attivazione nocicettiva) dell’ATM e del rachide cervicale sul subnucleus caudalis spino-trigeminale al livello di C1-C3. (2) Si motiva in tal modo come le affezioni di una struttura possano riflettersi e coinvolgerne un'altra in un meccanismo che potremmo definire compensatorio, rendendo così necessaria la collaborazione tra i professionisti sanitari che se ne occupano.
Ciò si rende ancor di più esigente negli ultimi anni, e senz’altro ancor più interessante, grazie all’ulteriore consapevolezza dell’importanza di una “mediazione centrale” degli stimoli interocettivi, reinterpretati come il senso delle condizioni fisiologiche dell’intero corpo e rappresentando così lo stato fisiologico di tutti i tessuti del corpo. Nel sistema nervoso centrale, l’insula si pone come punto di convergenza di tutti gli stimoli (interni ed esterni) dei tessuti dei vari sistemi corporei e questo scenario anatomico e funzionale ci permette di comprendere il terreno neurologico che mette in comunicazione siti corporei distanti tra loro.(3)
Nella pratica clinica la Gnatologia si occupa di studiare la fisiopatologia del sistema cranio-cervico-mandibolare. Con il termine “clinica gnatologica” si intende, dunque, l’indagine e la cura di strutture tra loro relazionate quali l’articolazione temporomandibolare (ATM), il rachide cervicale, i denti, la lingua.
Se il legame tra denti e il movimento della mandibola (cioè tra occlusione dentale e funzione dell’ATM) sembra abbastanza intuitivo, può non esserlo altrettanto quello tra le altre strutture sopra citate.
Da numerosi anni, in letteratura così come nella pratica clinica, la continuità anatomica miofasciale e la convergenza neuronale spiegano la comunicazione tra le componenti di questo sistema. Un esempio è l’esigenza, anche grazie alla continuità anatomica, del movimento che il rachide cervicale deve svolgere durante la deglutizione in relazione a quello della lingua e dell’ATM. (1)
Un altro esempio è la convergenza delle informazioni del dolore (attivazione nocicettiva) dell’ATM e del rachide cervicale sul subnucleus caudalis spino-trigeminale al livello di C1-C3. (2) Si motiva in tal modo come le affezioni di una struttura possano riflettersi e coinvolgerne un'altra in un meccanismo che potremmo definire compensatorio, rendendo così necessaria la collaborazione tra i professionisti sanitari che se ne occupano.
Ciò si rende ancor di più esigente negli ultimi anni, e senz’altro ancor più interessante, grazie all’ulteriore consapevolezza dell’importanza di una “mediazione centrale” degli stimoli interocettivi, reinterpretati come il senso delle condizioni fisiologiche dell’intero corpo e rappresentando così lo stato fisiologico di tutti i tessuti del corpo. Nel sistema nervoso centrale, l’insula si pone come punto di convergenza di tutti gli stimoli (interni ed esterni) dei tessuti dei vari sistemi corporei e questo scenario anatomico e funzionale ci permette di comprendere il terreno neurologico che mette in comunicazione siti corporei distanti tra loro.(3)
Nel contesto della clinica gnatologica, l’osteopata trova la sua collocazione rilevandosi utile nel coadiuvare la propria diagnosi di competenza in sinergia con gli altri professionisti sanitari nell’ottica del lavoro d’equipe. L’osteopata è definito come il professionista sanitario che svolge interventi di prevenzione e mantenimento della salute attraverso il trattamento osteopatico di disfunzioni somatiche non riconducibili a patologie, nell’ambito dell’apparato muscoloscheletrico. (4)
La disfunzione somatica si definisce tale in base alla presenza dei segni clinici TART (cambiamento del range di movimento, cambiamento della trama tissutale, dolorabilità, asimmetria). La supposta eziologia che ne è alla base, prevede l’insorgenza dei suddetti segni clinici a seguito di processi infiammatori, probabilmente su base degenerativa, che vanno sotto il nome di infiammazione neurogena e che danno vita alla già citata attivazione nocicettiva. (5)
La convergenza dell’attivazione nocicettiva e la continuità anatomica può far sì che una disfunzione somatica di una struttura del sistema gnatologico possa coinvolgere e riflettersi su un'altra, andando ad alterare la sua fisiologia con i segni clinici citati (TART). La diagnosi di competenza osteopatica non è dunque la patologia delle componenti del sistema gnatologico, bensì la presenza di disfunzioni somatiche che possono essere responsabili di sintomi e di un’alterata funzione delle strutture e che possono essere la predisposizione o la partecipazione al mantenimento di una patologia. Spesso,infatti, l’osteopata aiuta ad eliminare quelle “interferenze” che possono limitare l’efficacia delle terapie gnatologiche (bite, ortodonzia, logopedia, fisioterapia), eseguendo il trattamento osteopatico in sinergia con la terapia effettuata dagli altri professionisti sanitari coinvolti nella cura, come ad esempio il fisioterapista.
Non solo, sebbene ancora controversa in letteratura, la clinica suggerisce che la diagnosi di competenza osteopatica contempli anche il capire quanto una disfunzione (o una patologia) di una struttura del sistema stia condizionando la fisiologia di una struttura ad essa collegata (per continuità anatomica o convergenza neuronale) e viceversa. Per fare un esempio, si potrebbe capire se un disturbo dell’ATM stia generando una disfunzione sul rachide cervicale, se sia responsabile di una cervicalgia o della sua predisposizione. Viceversa, si potrebbe capire se una disfunzione somatica cervicale stia generando un disturbo dell’ATM o stia partecipando al mantenimento della patologia, inficiando, magari, la terapia del professionista che la sta curando.
Nella stessa ottica l’osteopata potrebbe diagnosticare la relazione tra le affezioni delle strutture del sistema gnatologico e le disfunzioni somatiche distanti, presenti cioè in altre parti del sistema muscolo scheletrico.
Nel gergo clinico si definisce schema discendente quando una disfunzione del sistema gnatologico ne condiziona un’altra del sistema muscolo-scheletrico. Si definisce schema ascendente l’evento contrario.
Questo quadro è amplificato dalla richiesta di una ricerca clinica nella correlazione tra occlusione e postura fino ad arrivare addirittura ad ipotesi, che iniziano a farsi strada anche in letteratura, di relazione tra presenza di scoliosi e disordine dell’ATM (DTM). (6)
Sebbene schemi posturali e forme rachidee in relazione all’occlusione vengano ormai spesso dati per assodati dai professionisti del sistema gnatologico, la letteratura e la difficoltà di concordanza riscontrata anche nella pratica clinica suggeriscono questo argomento come ancora dibattuto. (7, 8)
Il mio personale parere è che quando parliamo di postura o addirittura di alterazioni di forma della struttura rachidea (ipo/iper cifosi e lordosi, atteggiamenti scoliotici), abbiamo a che fare con la predisposizione congenita dell’individuo e con aggravanti multifattoriali che rendono clinicamente molto critica la ricerca di correlazione degli atteggiamenti posturali con il sistema gnatologico, soprattutto se la diagnosi è basata solo sull’esame clinico in assenza di esami strumentali. A mio avviso quindi si dovrebbe continuare a ricercare nella competenza osteopatica la relazione con la funzione delle strutture, o meglio tra le disfunzioni somatiche, piuttosto che con gli atteggiamenti posturali o con la forma.
In conclusione la diagnosi osteopatica riconosce l’indicazione o la controindicazione al trattamento osteopatico in linea e in riferimento alla diagnosi di competenza medica e degli altri professionisti sanitari ed effettua la valutazione osteopatica attraverso l’osservazione, la palpazione e i test osteopatici per individuare la presenza dei segni clinici delle disfunzioni somatiche.
L’osteopata effettua in autonomia il trattamento osteopatico sulle disfunzioni somatiche delle strutture del sistema gnatologico ma, in presenza di patologia, il trattamento è indicato solo dopo la diagnosi gnatologica medica e, in questo caso, viene svolto in collaborazione con le altre figure sanitarie.
Oggi, soprattutto in merito alle modalità di trattamento e gestione del dolore dei disordini temporo-mandibolari, la terapia manuale come l’osteopatia, in sinergia con le altre terapie del trattamento conservativo, è suggerita e contemplata tra le prime scelte. (9, 10)
Nella clinica gnatologica i sintomi più comuni per i quali si richiede l’intervento osteopatico nel lavoro d’equipe sono:
Spesso, inoltre, è richiesta la consulenza osteopatica anche in assenza di sintomi, nel contesto della prevenzione primaria o nel coadiuvare la cura ad opera di altri professionisti sanitari.
Il trattamento osteopatico è definito come l’insieme delle tecniche terapeutiche manuali atte alla cura e alla prevenzione della disfunzione somatica e dei sovraccarichi adattativi dei meccanismi di compenso che la generano e la mantengono. (11,12,13) Deve, in altre parole, ridurre nei segni clinici sia le disfunzioni somatiche del sistema gnatologico sia quelle dell’intero sistema muscolo-scheletrico col quale le disfunzioni del sistema gnatologico possono essere relazionate.
Il trattamento osteopatico è dunque indicato nei disturbi del sistema muscoloscheletrico e in quelle patologie e affezioni a esso collegate per ottimizzare la funzionalità fisiologica delle componenti del sistema somatico in relazione tra loro e con gli altri sistemi corporei: strutture scheletriche, artroidali, miofasciali e i relativi elementi vascolari, linfatici e neurali. (14,15,16,17,18)
Il trattamento osteopatico si avvale anche di consigli sullo stile di vita, sull’attività fisica, sulla gestione del dolore e sull’autogestione dell’organismo al fine di migliorare lo stato di salute, sia nel contesto del recupero funzionale delle strutture muscolo-scheletriche, sia nel contesto biopsicosociale condividendo, con le altre figure professionali sanitarie e con il paziente stesso, il piano di trattamento, gli esiti del trattamento e l’intero percorso educativo.
Bibliografia
1- Kojiro Mekata et al. “Cervical Spine Motion during Swallowing,” European Spine Journal 22, November 2013, no. 11: 2558–63
2- Costa et al. Temporomandibular disorders and painful comorbidities: clinical association and underlying mechanisms, Medical Management and Pharmacology Update, March 2017, Vol. 123, No. 3
3- D’Alessandro G. et al. Sensitization and Interoception as Key Neurological Concepts in Osteopathy and Other Manual Medicines, Frontiers in Neuroscience, March 2016, Vol.10, Art. 100
4- Proposta di accordo tra il Governo, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano concernente l’istituzione della professione sanitaria dell’Osteopata ai sensi dell’articolo 7 comma 2 della Legge 11 gennaio 2018, nÅã3, novembre 2020
5- Fryer G. Somatic dysfunction: An osteopathic conundrum, International Journal of Osteopathic Medicine, February 2016, 22; 52-63
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7- Korbmacher H et al. Correlations between anomalies of the dentition and pathologies of the locomotor system—a literature review. J Orofac Orthop, 2004;65:190–203.
8- Armijo Olivo et al. The association between head and cervical posture and temporomandibular disorders: A systematic review, Journal of Orofacial Pain, February 2006, Volume 20, NÅã 1
9- Wieckiewicz et al. Reported concepts for the treatment modalities and pain management of temporomandibular disorders, The Journal of Headache and Pain, 2015, 16:106
10- Cuccia A.M. et al. Osteopathic manual therapy versus conventional conservative therapy in the tratment of temporomandibular disorders: a randomized controlled trial, Journal of bodywork and movement therapies, 2010, 14 (2), 179-184
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12- Fryer G. Integrating osteopathic approaches based on biopsychosocial therapeutic mechanism. Part 1: the mechanism, International Journal of Osteopathic Medicine, 2017, (25), 30-41
13- Fryer G. Integrating osteopathic approaches based on biopsychosocial therapeutic mechanism. Part 2: the approach, International Journal of Osteopathic Medicine, 2017, (26), 36-43
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17- Speece C, Crow WT et al. Ligamentous articular strain: osteopathic manipulative techniques for the body, Eastland Press, 2009
18- Chitow L. Fascial Dysfunction: manual theraphyapproaches, Handspring Publishing 2017
19- Chikly B. Manual techniques adressing the lymphatic system: origins and development, Journal of the American Osteopathic Association, 2005, 105 (10), 457
20- Kim B. et al. Rehabilitation with osteopathic manipulative treatment after lumbar disc surgery: a randomized, controlled study, Interntional Journal of Osteopathic Medicine, 2015, 18 (3), 181-188
21- Snelling NJ. Spinal manipulation in patient with disc herniation: a critical review of risk and benefit,
International Journal of Osteopathic Medicine, 2006, 9 (3), 77-84
D.O. B.Sc. Ost. UK Stefano Pisa
Stefano Pisa si diploma in osteopatia nel luglio 2003 presso lʼIstituto Superiore di Osteopatia di Milano e nellʼagosto dello stesso anno consegue il Bachelor of Science in Osteopathy – University of Wales (UK).
Dal 2003 svolge la sua attività di libero professionista dividendosi tra il nord e il sud Italia: a Milano presso lʼAzimut Riabilitazione (Casa di Cura Privata del Policlinico Spa) e lo Studio Associato di Odontoiatria FPdentistry, a Morciano di Leuca (LE) presso il proprio Studio Privato.
Partecipa in qualità di relatore in convegni e postgraduate medici e osteopatici e dal 2012.
Docente presso lʼAccademia Italiana di Medicina Osteopatica (AIMO) di Saronno (VA).
Membro della associazione: http://www.associazioneosteopati.it/