Le condizioni dolorose dell’anca sono molto diffuse, soprattutto nella popolazione con età superiore ai 40 anni. Abbiamo già affrontato il tema dell’artrosi dell’anca, e del conflitto femoro-acetabolare; questa è la volta della borsite trocanterica.
Partendo dalle basi anatomiche, spiegheremo cosa è questa patologia, quali sono i sintomi che la caratterizzano, in che modo viene diagnosticata e quali sono i migliori rimedi per curarla.
Non ci resta che augurarvi una buona lettura
Per borsite trocanterica si intende l’infiammazione della borsa sinoviale che si trova in prossimità del grande trocantere del femore.
Prima di affrontare il tema della borsite trocanterica è indispensabile fare un breve richiamo all’anatomia dell’articolazione.
Come saprai già il trocantere è una delle due sporgenze ossee prima che la testa del femore si articoli con l’acetabolo del bacino. Ad essere ancora più precisi, a separare il grande e il piccolo trocantere dall’estremità prossimale del femore è il “collo del femore”, che si differenzia dal resto dell’osso poiché è inclinato di circa 30 gradi.
L’articolazione più colpita nel caso della borsite trocanterica è l’anca, che in fisiologia articolare è conosciuta anche come articolazione coxo-femorale, e mette in comunicazione l’arto inferiore al bacino.
L’anca ed è costituita di due facce articolari:
Componenti capsulari e legamentose
L’articolazione è ricoperta da una capsula molto spessa, e la sua rete legamentosa è formata da quattro legamenti:
I muscoli dell’anca
Vista la grande quantità di movimenti e l’ampiezza articolare e il carico a cui è sottoposta, l’anca è costituita di una solida struttura muscolare che per chiarezza possiamo dividere in due gruppi principali:
I sintomi che caratterizzano questa condizione sono:
La diagnosi viene effettuata dal medico, quasi sempre Ortopedico, Fisiatra o Medico Sportivo.
I rimedi possono essere di carattere conservativo (fisioterapia) oppure invasivo (viene asportato il liquido locale mediante l’aspirazione con un ago) a cui consegue il ciclo fisioterapico.
La fisioterapia è sempre la prima opzione, e si può optare per un rimedio terapeutico invasivo solo se il ciclo fisioterapico non ha dato i risultati sperati.
I rimedi per la borsite trocanterica variano in funzione del meccanismo che è alla base della patologia. In linea generale ti elenchiamo gli elementi terapeutici che sono utilizzati dai fisioterapisti per curare questa condizione dolorosa:
- Tecarterapia: si tratta di un mezzo fisico che utilizza radiofrequenze che sviluppano calore endogeno (profondo). È il dispositivo più utilizzato in fisioterapia sia per la piacevolezza dei suoi trattamenti che per la versatilità delle sue applicazioni, in fatti si applica sia in condizioni acute che croniche, mediante l’impostazione di modalità differenti.
- Ipertermia: come la tecarterapia utilizza radiofrequenze per stimolare la biologia del tessuto. A differenza della tecar, l’ipertermia è un trattamento statico (che può essere eseguito in un punto ben preciso) e allo stesso tempo più preciso perché consente di poter impostare la profondità e la temperatura da cedere al tessuto.
- Laserterapia: utilizza un fascio di luce, è indicato principalmente per trattare aree ristrette poiché il diametro della luce (che nei laser ad alta potenza non supera il centrimetro) non consente di effettuare un trattamento efficacie in un ampio raggio.
- Ultrasuonoterapia: si avvale dell’uso di onde sonore per lo stesso fine dei mezzi fisici precedentemente elencati, ossia ridurre la sintomatologia e accelerare i tempi di recupero.
- Correnti antalgiche: come TENS e Interix, utilizzando delle stimolazioni elettriche cutanee hanno lo scopo di ridurre il dolore locale.
Come già ti abbiamo accennato in precedenza se l’approccio conservativo non presenta il successo sperato, oppure se la borsite assume dimensioni importanti si effettua l’aspirazione del liquido o nei casi più particolari si interviene con un intervento chirurgico mediante artroscopia, che rende l’operazione mininvasiva dato che non lede eccessivamente i tessuti interessati.
Ad ogni modo dopo l’intervento chirurgico al paziente sarà indicato di effettuare un ciclo fisioterapico, dove oltre al recupero della motilità e funzionalità articolare, il fisioterapista sarà impegnato a lavorare per evitare la formazione di eventuali aderenze cicatriziali post chirurgiche. Anche per questo motivo si tenta di evitare il più possibile l’approccio terapeutico invasivo.
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