Le fratture rientrano fra le problematiche più diffuse in ambito ortopedico, e quelle del femore rivestono un’incidenza molto alta. I motivi di tale frequenza sono dati innanzi tutto dalla struttura dell’osso: si tratta di una delle ossa più lunghe del corpo e che ha un ruolo fondamentale nel sostegno della struttura corporea.
Parlare di fratture di femore, data la grandezza dell’osso, è molto generalizzato, infatti come vedrai meglio nel paragrafo successivo in cui approfondiamo l’aspetto anatomico, il femore si articola sia con il bacino, articolazione dell’anca, che con il ginocchio. Dunque anche se non fossi un addetto ai lavori comprenderai facilmente che una frattura dell’estremità distale del femore, ossia quella che si articola con la tibia formando il ginocchio, darà luogo a una sintomatologia differente da una frattura che interessa l’estremità opposta.
Nel corso di questo articolo affronteremo il tema delle fratture del femore, parleremo delle lesioni più comuni, di come vengono diagnosticate e di come vengono trattate sia con la chirurgia che con la fisioterapia.
Il femore è l’osso più lungo e più robusto del corpo umano, si articola:
I muscoli che si inseriscono sul femore sono molti, di seguito te ne elenchiamo alcuni:
Le fratture di femore seguono diverse classificazioni che rispondono ai fattori che vengono presi in esame. Ad esempio possono essere classificate:
Sono parte delle lesioni ossee più frequenti nella popolazione con età superiore ai 60 anni, anzi proprio a causa di questo tipo di frattura si ritiene che circa il 40% dei pazienti perde in parte o del tutto l’autosufficienza di movimento. La frattura all’estremità superiore del femore ha una maggiore incidenza nel sesso femminile, circa due terzi sono donne, poiché è più soggetto a condizioni di osteoporosi, dunque di debolezza ossea.
C’è un’area nel collo del femore chiamata chiamata Triangolo di Ward, per la sua forma a triangolo con base superiore e punta inferiore. È una superficie in cui vi è una minore densità ossea, il problema nei soggetti osteoporotici è che questa zona è più ampia del normale e questo ne aumenta i fattori di rischio di frattura. In Europa, e nei paesi industrializzati, traumi di questo genere sono in netto aumento, causa la sempre più ridotta quantità di sport e movimento delle persone.
SI tende a dividere questo tipo di lesioni ossee in due grandi gruppi, in funzione della parte di femore lesionata:
Queste differenti classificazioni delineano due diversi quadri clinici, strettamente connessi con il sistema di vascolarizzazione:
Le complicazioni che riguardano questo tipo di frattura possono essere:
La diagnosi avviene con la visione dei segni clinici tipici di una frattura:
Oltre alla raccolta dei dati anamnesici il medico prescrive un esame RX (la comune “lastra”) in doppia proiezione, e in alcuni casi si sceglie di approfondire con una risonanza elettromagnetica che permette la visione dello stato dei tessuti molli circostanti l’osso. Per piccole fratture composte del compartimento laterale è indicato il trattamento conservativo mentre come già abbiamo scritto in precedenza, per fratture scomposte o fratture importanti riguardanti il compartimento laterale è indicato l’intervento di protesi.
Avvengono principalmente in soggetti di età media, poiché la parte centrale del femore è molto resistente e si lesiona solo in seguito a bruschi traumi, tipici degli incidenti stradali, che avvengono principalmente in soggetti adulti.
Uno dei segni clinici tipici di questa articolazione è l’atteggiamento in rotazione esterna dell’arto, e un occhio più esperto riesce a individuare anche una deformità in varismo della coscia. Tra le complicazioni locali si ha l’interposizione di fasci muscolari o di elementi ossei che impediscono una riduzione incruenta della lesione ossea.
Tra le complicazioni tardive si ha la pseudoartrosi e la calcificazione non fisiologica, data magari da una errata immobilizzazione o riduzione. Il trattamento chirurgico per questo tipo di frattura consiste nell’utilizzo di un chiodo endomidollare oppure di appositi “fissatori esterni”.
Queste fratture rientrano nella traumatologia del ginocchio, e non sono molto frequenti. Le fratture sovracondiloidee hanno solitamente un trattamento non invasivo e nei rari casi in cui si tratta di frattura scomposta ci potrebbe essere la complicazione di un interessamento dell’arteria poplitea o/e del ramo popliteo interno del nervo sciatico.
Le fratture condiloidee possono riguardare uno o entrambi i condili, e di solito la lesione ossea presenta una linea di frattura con forma simile a una “T” o a una “Y”. Poiché questa parte del femore è fondamentale per la dinamica articolare del ginocchio, al fine di recuperare la corretta fisiologia ossea spesso si predilige l’intervento chirurgico con l’utilizzo di viti a cui segue un periodo di immobilità che dura poco più di un mese.
Come hai visto le tipologie di frattura del femore sono moltissime, e ci siamo limitati ad elencare solo quelle più frequenti!
Dunque rimarrebbe difficile descrivere un unico protocollo che riassuma il percorso riabilitativo di tutte le fratture del femore. Per questo di seguito ti elencheremo i passaggi che il fisioterapista esegue nel trattamento di queste lesioni ossee, tralasciando le tempistiche e altre caratteristiche tipiche della frattura e del soggetto in esame.
Questi step, in particolare i primi due, non sono categoricamente separati ma possono comparire in contemporanea nel corso di una stessa seduta, a seconda dei bisogni del paziente e del progetto terapeutico del fisioterapista.
I mezzi fisici più utilizzati sono:
Logicamente possono essere utilizzati solo soggetti indicati a questo tipo di trattamento.
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