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RIABILITAZIONE FUNZIONALE

La riabilitazione funzionale

Come suggerisce la parola stessa, la Riabilitazione ha il compito di ri – abilitare la persona alle attività che effettuava prima di subire il danno / infortunio.

Logicamente esistono moltissime tipologie di “danno” che spaziano dall’ambito neurologico a quello ortopedico, dal mondo della psicologia a quello dell’oncologia. In fisioterapia ci si occupa di una parte di queste affezioni, soprattutto di quelle relative al campo ortopedico e traumatologico, neurologico e respiratorio.

Per ognuno di questi ambiti esiste un’ampia gamma di approcci riabilitativi differenti tra loro, sui quali si può discutere ma che sicuramente hanno come fine ultimo quello di garantire il benessere della persona, e il massimo recupero delle capacità perse nel corso della malattia.

Qui parleremo della Riabilitazione Funzionale, un ambito riabilitativo non conosciutissimo dai “non addetti ai lavori” ma che sicuramente ha una visione moderna. Spiegheremo come è stato creato, in cosa consiste, e per quali condizioni è indicato!

Cosa è la Riabilitazione Funzionale

La Riabilitazione Funzionale è il metodo riabilitativo creato dalla Scuola di Praga che struttura il proprio razionale terapeutico nella Chinesiologia dello sviluppo.

Cosa è la Chinesiologia dello sviluppo?

La chinesiologia dello sviluppo è lo studio delle varie fasi di sviluppo dell'essere umano nel corso dei primi anni di crescita. L'obbiettivo di questo metodo è quello di valutare e curare le disfunzioni di movimento mediante il trattamento del sistema muscolo -scheletrico con tecniche manuali ed esercizi terapeutici specifici.

La Riabilitazione Funzionale incentra il proprio lavoro sulla stabilità della colonna, affinché quest'ultima possa mantenere una stabilizzazione funzionale durante i movimenti che effettua il corpo.

Perché è importante la stabilità funzionale?

La stabilità funzionale è importante perché garantisce un movimento più ergonomico per il nostro corpo, un maggiore sviluppo della forza, un migliore equilibrio del carico e dunque una migliore stabilità.

Si trattà infatti di una stabilità “funzionale” che deve essere capace di adattarsi alle varie funzioni e ai diversi movimenti del corpo, altrimenti si sarebbe chiamata stabilità statica o anche rigidità.

La stabilità “statica” (il termine è utilizzato da noi a scopo esplicativo) non consente grande possibilità di movimento, ci troviamo in una condizione del genere quando dobbiamo indossare il collare a seguito di un colpo di frusta o altri traumi al collo, oppure quando dobbiamo mettere il busto per contenere il movimento delle vertebre dorsali o lombari a seguito di una loro frattura o per il trattamento delle scoliosi.

Con un buon equilibrio tra i muscoli dinamici (che ci fanno effettuare i movimenti ampi) e i muscoli statici (che fanno effettuare solo movimenti a basso range articolare perché sono deputati alla stabilizzazione) è come se avessimo il nostro busto o collare naturale, poiché il movimento è guidato da forze dinamiche e stabilizzatrici che si trovano in equilibrio tra loro. Il più delle volte invece, anche in soggetti (ancora) asintomatici, tale equilibrio di forza va perdendosi e questo è uno degli elementi alla base delle disfunzioni di movimento che si palesano nelle diverse patologie come: l’infiammazione del sopraspinoso, ernia discale L5-S1, anterolistesi C5-C6 e così via.

La stabilità funzionale è vista da molti come approccio per la cura delle patologie ma è importante anche per la diminuzione di fattori di rischio per lo sviluppo di condizioni degenerative come l'artrosi, per limitare le condizioni dolorose alla schiena e per mantenere un buono stato di salute.

Ad oggi in Italia, i percorsi terapeutici finalizzati a prevenire disturbi alla colonna non sono molto praticati, e non ci riferiamo esclusivamente alle persone comuni che non si recano nei centri di fisioterapia a tale scopo, ma anche agli stessi fisioterapisti e ai Centri in cui essi lavorano. È evidente a tutti ormai che la vera cura è la prevenzione, ossia mettere in atto tutte quelle misure in modo che la patologia non si verifichi affatto, il che comporta un importante riduzione non solo degli ammalati ma anche dei costi per la sanità pubblica, che ad oggi hanno raggiunto dei volumi notevoli.

La stabilità funzionale dunque si raggiunge mediante lo sviluppo automatico e coordinato dell'attivazione delle strutture muscolari, quelle della colonna sono conosciute anche "core".

riabilitazione funzionale e stabilità

Come è strutturata la Riabilitazione Funzionale?

Per individuare il livello di stabilità funzionale del corpo e le strutture più danneggiate, il fisioterapista specializzato in questo tipo di riabilitazione farà eseguire dei test di valutazione specifici al proprio paziente.

Sulla base dei risultati ottenuti durante la valutazione, il fisioterapista imposterà il progetto terapeutico che sarà mirato non solo alla risoluzione della disfunzione primaria ma anche a recuperare il corretto equilibrio tra le strutture corporee, per ristabilire i fisiologici pattern motori.

La fisioterapia si occupa proprio di questo, di supportare le persone, di aiutarle a stare meglio, ti consigliamo vivamente di contattare il centro più vicino a Te, molto spesso le valutazioni iniziali sono GRATUITE.

riabilitazione funzionale come funziona

Chi ha fondato questo tipo di Riabilitazione?

Questo approccio è stato fondato da due importanti figure della prestigiosa Scuola di Praga: il Prof. V. Janda e il Prof. K. Lewit. Il primo descrisse le componenti degli squilibri muscolari in virtù dei processi di adattamento del sistema nervoso centrale (SNC) e definì le successive disfunzioni croniche che attualmente sono note con il nome di “Janda’s crossed and layer syndromes” ossia “le sindromi criociate e a strati”.

Il Prof. Janda vedeva il sistema motorio come una singolare unità, e per questo riteneva che il piano terapeutico e il trattamento dovessero essere impostati in funzione di questa unicità. Il Professor Lewit era altamente specializzato in tecniche manipolative e a seguito di approfondimenti dal punto di vista neurologico e più precisamente neuroradiologico, ebbe la conferma che le manipolazioni non hanno alcun effetto sulla “struttura” ma sullo stimolo neurofisiologico che tale tecnica produceva al sistema muscolo-scheletrico.

Con il progredire dei suoi studi, Lewit aveva elaborato l’idea che per integrare e completare al meglio i suoi trattamenti fosse importante inserire un percorso riabilitativo che istruisse ed educasse il paziente all’autotrattamento. Era un’implementazione fondamentale della pratica sia da un punto di vista biomeccanico che psicologico, perché: - riteneva che il lavoro muscolare svolto dal paziente fosse di gran lunga più utile al lavoro muscolare eseguito dal fisioterapista; - credeva che sentirsi parte fondamentale, protagonista, del proprio percorso di guarigione, fosse il primo atto di cura e avrebbe dato un importante valore aggiunto al percorso terapeutico, in termini di frequenza, impegno e attenzione da parte del paziente.

Per questo considerava molto importante che la persona in cura “uscisse dal suo Centro con almeno un esercizio da eseguire”. L’idea di Lewit non era a sostegno dei protocolli generalizzati, ma ai progetti terapeutici specifici e adatti ad ogni paziente, in modo tale che ogni esercizio che fosse prescritto servisse realmente alla risoluzione del problema. La visione di Janda e Lewit, che appartiene a diversi decenni fa, oggi è sempre più utilizzata anche in altri approcci e scuole di pensiero. L’attività fisica e l’esercizio terapeutico specifico sono considerati delle vere e proprie medicine, fondamentali sia per curare che per prevenire i disturbi al sistema muscolo scheletrico e non solo.

Questo articolo è una prima introduzione al mondo della Riabilitazione Funzionale, un “mondo” per l’appunto, talmente vasto e complesso che ci riserveremo di riprenderlo nei prossimi articoli, curandone e approfondendone le diverse sfaccettature e raccontandoti il percorso terapeutico di qualche paziente, in modo da darti un’idea ancora più chiara.

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