Data pubblicazione: 26/10/2018
Ultimo aggiornamento: 18/02/2019
Dolore è la parola più cliccata nei motori di ricerca di tutto il mondo, il dolore ci preoccupa e ci destabilizza e, nonostante sia un’esperienza molto comune nella vita quotidiana di ognuno di noi, quando ci capita di provarlo nella nostra testa si accende un campanello d’allarme che ci porta ad associarlo ad uno stato di malattia.
In questo articolo proveremo a spiegare in modo semplice che il dolore non è sempre associato ad un danno e che ci sono diversi modi per aiutare il sistema nervoso a spegnere il dolore.
Iniziamo con la definizione proposta dall’International Association for The Study of Pain ( IASP ) : “ Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata ad un danno reale o potenziale del tessuto, o descritta con riferimento a tale danno.” ( Turk e Ohfujii, 2001 ).
Prestate bene attenzione, è un’esperienza, quindi modificabile dalle nostre aspettative, dalle nostre convinzioni, dal contesto in cui viviamo; associata ad un danno reale (per esempio dopo un evento traumatico acuto) ma anche potenziale senza che ci sia una reale correlazione con esso. Entriamo nel dettaglio.
In seguito ad un trauma, per rendere più comprensibile utilizzeremo l’esempio di una distorsione alla caviglia , il sistema nervoso risponde proteggendo la zona interessata per facilitare il processo di guarigione del tessuto. Si chiama fase acuta, nella quale il sistema immunitario e nervoso agiscono in sinergia per permettere una celere ed efficace guarigione.
Dolore è la parola più cliccata nei motori di ricerca di tutto il mondo, il dolore ci preoccupa e ci destabilizza e, nonostante sia un’esperienza molto comune nella vita quotidiana di ognuno di noi, quando ci capita di provarlo nella nostra testa si accende un campanello d’allarme che ci porta ad associarlo ad uno stato di malattia.
In questo articolo proveremo a spiegare in modo semplice che il dolore non è sempre associato ad un danno e che ci sono diversi modi per aiutare il sistema nervoso a spegnere il dolore.
Iniziamo con la definizione proposta dall’International Association for The Study of Pain ( IASP ) : “ Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata ad un danno reale o potenziale del tessuto, o descritta con riferimento a tale danno.” ( Turk e Ohfujii, 2001 ).
Prestate bene attenzione, è un’esperienza, quindi modificabile dalle nostre aspettative, dalle nostre convinzioni, dal contesto in cui viviamo; associata ad un danno reale (per esempio dopo un evento traumatico acuto) ma anche potenziale senza che ci sia una reale correlazione con esso. Entriamo nel dettaglio.
In seguito ad un trauma, per rendere più comprensibile utilizzeremo l’esempio di una distorsione alla caviglia , il sistema nervoso risponde proteggendo la zona interessata per facilitare il processo di guarigione del tessuto. Si chiama fase acuta, nella quale il sistema immunitario e nervoso agiscono in sinergia per permettere una celere ed efficace guarigione.
Si manifesta con edema, dolore, rossore, e con impotenza funzionale; nel caso della distorsione quindi avremo la caviglia gonfia, calda, dolente e non riusciremo ad appoggiare il piede durante il cammino.
Questo implica un lavoro combinato del sistema immunitario che, tramite un maggiore afflusso sanguigno, cerca di ripulire il tessuto danneggiato e favorire la ricostruzione del tessuto sano; e del sistema nervoso che, tramite il dolore, protegge la caviglia da ulteriori potenziali danni. Questa fase dura pochi giorni ( 0-72 h ) nelle quali l’organismo è impegnato a garantire una buona guarigione.
Possiamo evitare di prendere farmaci anti-infiammatori e, se il dolore non è tollerabile, preferire i farmaci anti-dolorifici per non bloccare il processo infiammatorio in atto necessario per la guarigione del tessuto.
Possiamo rivolgerci al fisioterapista che, tramite un’accurata valutazione, potrà esaminare quali sono i movimenti che non provocano dolore e proporci:
Alla fase acuta segue la fase proliferativa nella quale gli agenti dell’infiammazione portati nella zona della lesione dal sistema vascolare agiscono ripulendo il tessuto danneggiato e creandone uno più resistente; questa fase inizia quattro giorni dopo il trauma e, a seconda del tessuto coinvolto, può durare fino a sei settimane.
Segue infine la fase di rimodellamento, nella quale si compie una continua modificazione cellulare fino al raggiungimento della piena guarigione tessutale; questa fase inizia a tre settimane dal trauma e può durare fino a dodici mesi.
Molto importante nella fase proliferativa sarà l’intervento del fisioterapista, dovrà guidare la persona ad un recupero graduale del carico sul tessuto interessato:
Nella fase di rimodellamento seguirà un aumento progressivo del carico sui tessuti fino al completo recupero dell’attività di vita quotidiana e sportiva. Questo processo di guarigione è un esempio di neuroplasticità adattativa, il sistema nervoso adatta le sue risposte avendo come obiettivo la protezione e in seguito il ripristino della fisiologia del distretto interessato dalla lesione.
Quando la protezione diventa troppa protezione, il movimento viene inibito e la modulazione del dolore si riduce: uno stimolo che in precedenza veniva interpretato dal sistema nervoso come non significativo ora viene percepito come dolorifico. Il cervello gioca un ruolo fondamentale nell’interpretazione del dolore.
Esiste una neuromatrice del dolore a livello encefalico attraverso la quale il cervello decodifica gli stimoli e invia una risposta ai tessuti attraverso il midollo spinale. All’interno di questa neuromatrice ci sono zone del cervello preposte al controllo non solo del dolore ma anche di altri aspetti fondamentali:
Le zone del cervello della neuromatrice comunicano tra di loro per definire la risposta da inviare alla periferia e tramite il talamo e il midollo rostro ventrale inviano neurotrasmettitori capaci di aumentare o inibire la risposta dolorosa.
Il dolore è condizionato da molti fattori:
Anche lo stile di vita influenza il dolore: se il sonno non è buono, se lo stile di vita è sedentario ed è presente un’infiammazione sistemica di basso grado il cervello ha più difficoltà a inibire gli stimoli nocicettivi; durante il sonno c’è un’elevata attività neuroplastica protettiva per il cervello, l’attività sportiva ha un effetto ansiolitico e aiuta a dormire meglio contribuendo alla neuroplasticità adattativa, e l’alimentazione è strettamente correlata con la risposta infiammatoria.
Attivando delle strategie in grado d’influenzare il nostro sistema nervoso, in grado di facilitare l’azione inibitoria del cervello rispetto agli stimoli dolorosi. Entriamo nel dettaglio.
La percezione del nostro corpo e di come ci muoviamo nello spazio può essere fonte di dolore, per esempio se l’immagine corporea non è buona si crea un’incongruenza tra ciò che sento e ciò che faccio; in altro modo non avere percezione può portare a muoversi in modo alterato creando uno stress nei tessuti che a lungo andare può diventare sintomatico.
Se questa alterazione di movimento si protrae a lungo si crea un’alterazione della corteccia somatosensoriale che nella vita quotidiana può manifestarsi come:
La percezione è coinvolta in numerosi stati di dolore persistente, come il mal di schiena, il dolore anteriore di ginocchio, e la sindrome da dolore regionale cronico ( CRPS ).
Il fisioterapista deve includere in questi casi un trattamento mirato ai disturbi percettivi e può farlo attraverso diverse tecniche:
Questo tipo d’interventi è associato ad una riduzione a breve termine della sintomatologia e della disabilità nei casi in cui la percezione sia coinvolta nel processo d’elaborazione del dolore. Come attività di mantenimento sono consigliate a chi ha difficoltà percettive lo yoga e il thai-chi, entrambe migliorano la consapevolezza corporea. Ansia e stress sono probabilmente le problematiche più comuni dei nostri tempi ed è risaputo che influenzano il dolore.
Training autogeno, mindfulness, meditazione e ipnosi sono tutte tecniche indicate nella gestione dell’ansia e possono essere un valido aiuto nei casi di dolore persistente.
E per ultimo, non certo per importanza, l’attività fisica. Sempre più ricerche mostrano come l’inattività sia uno “slow killer”, da cui dipendono molte delle problematiche croniche che affliggono la maggior parte della popolazione:
solo per citarne alcune.
Se sto seduto 8 ore al giorno il corpo ha bisogno di 1ora al giorno d’esercizio per compensare all’inattività!! Molteplici aspetti sono coinvolti nell’attività fisica:
Le linee guida consigliano 75 minuti d’attività intensa due volte alla settimana e 150 minuti d’attività moderata alla settimana.
Il fisioterapista può guidare questo processo di cambiamento dall’inattività all’autonomia nella gestione della propria salute; tramite la presa di coscienza e la maturazione di una volontà di cambiamento, tramite la sperimentazione del benessere che si può ottenere con l’esercizio, attraverso un’alleanza che ha come obiettivo rendere il “paziente” il protagonista attivo della propria salute.
Bibliografia
• Fingleton C, Smart K, Moloney N, Fullen BM, Doody C. Pain sensitization with knee osteoarthritis: a systematic review and meta-analysis. Osteoarthritis Cartilage. 2015.
• Rabey M, Slater H, O’Sullivan P, Beales D, Smith A. Somatosensory nociceptive characteristics differentiate subgroups in people with chronic low back pain: a cluster analysis. Pain. 2015.
• Moseley GL. I can’t find it! Distorted body image and tactile dysfunction in patients with chronic back pain. Pain 2008.
• Hodges P, Smeets R. Interaction between Pain, Movement, and Physical Activity: short-term benefits, long-term consequences, and targets for treatment. Clinical Journal of Pain. 2015.
• Harris A. Cortical origin of pathological pain. Lancet 1999.
• Woolf CJ. Central sensitization: Implications for the diagnosis and treatment of pain. Pain. 2011.
• Lewis JS, Schweinhardt P. Perceptions of the painful body: the relationship between body perception disturbance, pain and tactile discrimination in complex regional pain syndrome. Eur J Pain. 2012.
• Wand B, Catley M, Rabey M, O’Sullivan P, O’Connell N, Smith A. Disrupted self- perception in people with chronic low back pain. Further evaluation of The Fremantle Back Awareness Questionnaire. Journal of Pain. 2016.
• Goyal M, Singh S, Sibinga E, et al. Meditation Programs for Psychological Stress and Well-being. A Systematic Review and Meta-analysis. JAMA Internal Medicine. 2014.
• Farb NAS, Segal ZV, Anderson AK. Mindfulness meditation training alters cortical representations of interoceptive attention. Social Cognitive and Affective Neuroscience. 2013.
• Streeter CC, Gerbarg PL, Saper RB, Ciraulo DA, Brown RP. Effects of yoga on the autonomic nervous system, gamma-aminobutyric-acid, and allostasis in epilepsy, depression, and post-traumatic stress disorder. Medical Hypotheses. 2012.
• Naugle KM, Fillingim RB, Riley JL, 3rd. A meta-analytic review of the hypoalgesic effects of exercise. J Pain. 2012.