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DOLORE AL COLLO

Data pubblicazione: 25/10/2018
Ultimo aggiornamento: 15/02/2022

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Introduzione - DOLORE AL COLLO

Il dolore al collo o cervicalgia, è uno dei disturbi muscolo-scheletrici più comuni che riguarda la cervicale, e colpisce tra il 22% e il 77% degli individui nella loro vita (Childs et al - linee guida 2008, 34 pagine).

Mentre questo dolore si risolve con il tempo, il 30% dei pazienti che riferiscono dolore al collo alla fine sviluppa sintomi cronici della durata di oltre sei mesi (Bovim et al). Tra il 37% e il 44% (Cote et al, Hurwitz et al) di coloro che soffrono di dolore al collo inoltre riferiranno anche sintomi persistenti per almeno 12 mesi dopo il primo episodio.

Sfortunatamente, anche dopo un trattamento di successo, c'è una percentuale di recidiva segnalata del 50-85% da uno fino a cinque anni dopo la risoluzione dei sintomi (Halderman et al).

Questo ci suggerisce che il dolore al collo è tutt'altro che un disturbo limitante di breve periodo, ma cosa stiamo facendo per trattare i nostri pazienti?

Il sintomo di dolore di cui parliamo in questo articolo non è da confondere con il dolore al collo irradiato al braccio anche detto cervicobrachialgia.

Quest'articolo intende affrontare il dolore percepito nella regione anatomica del rachide cervicale, nello spazio delimitato dalle sette vertebre cervicali e nella muscolatura circostante, con una maggiore attenzione rivolta al dolore cronico che abbiamo appena visto insorgere di frequente. Devi sapere che il dolore cronico è definito, in accordo con l’Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore e l’ ”American Pain Society”, come un dolore che persiste oltre il tempo normale di guarigione dei tessuti, definito tre mesi (Kindler et al. 2010).

Sebbene il dolore cervicale (sia acuto che cronico) generalmente si risolva con la Fisioterapia, sarebbe auspicabile che tu ti possa avvalere di un approccio che consenta una valutazione completa di questo disturbo, così da poter ricevere il trattamento fisioterapico più adeguato per la tua specifica situazione.

Ora non preoccuparti, vedrai che nel corso della lettura di questo articolo diviso in due parti, riceverai le migliori informazioni per aiutarti nel tuo percorso di risoluzione del problema.

Introduzione - DOLORE AL COLLO

Il dolore al collo o cervicalgia, è uno dei disturbi muscolo-scheletrici più comuni che riguarda la cervicale, e colpisce tra il 22% e il 77% degli individui nella loro vita (Childs et al - linee guida 2008, 34 pagine).

Mentre questo dolore si risolve con il tempo, il 30% dei pazienti che riferiscono dolore al collo alla fine sviluppa sintomi cronici della durata di oltre sei mesi (Bovim et al). Tra il 37% e il 44% (Cote et al, Hurwitz et al) di coloro che soffrono di dolore al collo inoltre riferiranno anche sintomi persistenti per almeno 12 mesi dopo il primo episodio.

Sfortunatamente, anche dopo un trattamento di successo, c'è una percentuale di recidiva segnalata del 50-85% da uno fino a cinque anni dopo la risoluzione dei sintomi (Halderman et al).

Questo ci suggerisce che il dolore al collo è tutt'altro che un disturbo limitante di breve periodo, ma cosa stiamo facendo per trattare i nostri pazienti?

Il sintomo di dolore di cui parliamo in questo articolo non è da confondere con il dolore al collo irradiato al braccio anche detto cervicobrachialgia.

Quest'articolo intende affrontare il dolore percepito nella regione anatomica del rachide cervicale, nello spazio delimitato dalle sette vertebre cervicali e nella muscolatura circostante, con una maggiore attenzione rivolta al dolore cronico che abbiamo appena visto insorgere di frequente. Devi sapere che il dolore cronico è definito, in accordo con l’Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore e l’ ”American Pain Society”, come un dolore che persiste oltre il tempo normale di guarigione dei tessuti, definito tre mesi (Kindler et al. 2010).

Sebbene il dolore cervicale (sia acuto che cronico) generalmente si risolva con la Fisioterapia, sarebbe auspicabile che tu ti possa avvalere di un approccio che consenta una valutazione completa di questo disturbo, così da poter ricevere il trattamento fisioterapico più adeguato per la tua specifica situazione.

Ora non preoccuparti, vedrai che nel corso della lettura di questo articolo diviso in due parti, riceverai le migliori informazioni per aiutarti nel tuo percorso di risoluzione del problema.

Cause mal di collo?

I meccanismi per lo sviluppo del dolore al collo non sono completamente compresi dalla scienza (Kindler et al. 2010); vari lavori di ricerca scientifica hanno provato a identificare i soggetti che sono più a rischio di sviluppare dolore al collo:  

  • essere donna, di razza bianca e di mezza età aumenta i rischi di cronicizzazione del dolore al collo (Goode et al. 2010).  
  • una storia con precedente dolore al collo o, analogamente, un incidente associato al colpo di frusta può aumentare le probabilità di sviluppare un futuro dolore cronico (Verhagen et al. 2007)
  • l’occupazione e il tipo di lavoro rappresentano fattori di rischio nello sviluppo del dolore cronico al collo (Croft et al. 2001).
  • stili di vita sedentari, lavori basati sull’ufficio e un crescente ricorso alla tecnologia hanno aumentato la prevalenza del dolore al collo negli ultimi anni (Falla 2004).
  • i fattori psicosociali, tra cui depressione e ansia, colpiscono tra il 20% e il 50% delle persone con dolore cronico (Whitten et al. 2005)

 

dolore al collo

 

Oggi è ormai noto che il dolore può assumere, nel momento della sua comparsa e lungo il suo sviluppo nel tempo, connotati più complessi rispetto a quanto deriva dall’insulto o danno originario (O’Sullivan 2012). Il dolore muscolo-scheletrico di natura cronica si può sviluppare a seguito di una lesione, di un infortunio o di sovente a seguito di nessuna apparente causa o meccanismo lesivo, seguito da un’infiammazione neurogena, dolore persistente e allodinia (cioè un dolore suscitato da uno stimolo che normalmente non è in grado di provocarlo, una carezza ad esempio).

Questa iperproduzione di segnali nocicettivi e/o dolorifici ripetuti nel tempo può produrre cambiamenti importanti nel sistema nervoso, di natura sia funzionale che strutturale, tale da renderlo più eccitato, con il risultato finale di una sensibilizzazione centrale (Nijs et al. 2014), ossia un’esperienza e un vissuto del dolore di natura decisamente sproporzionata (in negativo) rispetto alla natura e all’entità dello stimolo dannoso di partenza, con seguente perdita di controllo sugli stimoli nocicettivi-dolorifici (Moseley e Flor 2012).

Ricorda: il dolore muscolo-scheletrico (e in genere) è sempre un mix di ingredienti che interagiscono tra di loro, credevamo e ci è stato insegnato a scuola che il dolore è sempre una strada a senso unico, come il danno ai tessuti (causato da un colpo, una caduta accidentale, un trauma) o lo stress biomeccanico come unica fonte di dolore.

Come dimostrano invece le ricerche degli ultimi anni, il dolore è molto più complesso:"Il dolore è l'output, il messaggio di uscita. La nocicezione è uno degli input. Quando parliamo di dolore, tutte le informazioni sono valutati dal cervello secondo questa domanda: “quanto è pericoloso e minaccioso questo imput per la mia incolumità? Basandomi su tutte le informazioni disponibili in questo dato momento, quanto è pericoloso tutto ciò? " (Lorimer Moseley, ricercatore e fisioterapista del dolore, University of South Australia).

La scienza oggi ci dice che il dolore è una somma di fattori psicosociali (ad esempio emozioni - quali ansia, paura - comportamenti, aspettative, credenze, soddisfazione nel lavoro, cultura) e fattori biologici (sistema nervoso, sistema muscolo-scheletrico, ormoni, enzimi,infiammazione ecc.).

Il modo in cui sentiamo il dolore e la maniera attraverso cui reagiamo ad esso dipende da queste interazioni di fattori. A volte e in determinate circostanze un fattore contribuisce al dolore in maniera più decisiva rispetto agli altri (Melzack et al. 2013). Hai capito già molte cose, hai compreso che il dolore è controllabile da te, con le tue idee, pensieri e comportamenti, assieme ad un atteggiamento mentale positivo e propositivo (i tuoi fattori ed elementi psicosociali).

Le cause del dolore variano dalla maggiore sensibilità nelle strutture articolari e miofasciali (muscoli, fascia connettivale, tendini,legamenti ecc.) e nei nervi, ad eventi di natura più pericolosa per la salute come la mielopatia .

In questo articolo non sono affrontati i dolori al collo per cause di gravità maggiori quali frattura, tumore e compromissione vascolare. Più comunemente troviamo:

  • Cambiamenti degenerativi al disco vertebrale o alle faccette articolari
  • Compressione al forame da cui fuoriesce la radice nervosa dovuta a ernia del disco e/o alla formazione di osteofiti, con comparsa di radicolopatia lungo gli arti superiori (Malanga et al. 2011)
  • Debolezza e stanchezza muscolare data da overuse (postura, stile di vita,sport, lavoro ecc.)

Inoltre, nel rachide cervicale le ernie e le protrusioni del disco possono instaurarsi con un carico improvviso al collo soprattutto nelle posizioni di flessione del collo. Negli anziani, l'estensione ripetuta del collo con la compresenza di osteofiti oppure le ripetute rotazioni richieste in alcuni sport, come il nuoto o il tennis, possono provocare complicanze insidiose (Malanga et al. 2011).

dolore al collo cosa lo provoca

La radicolopatia cervicale, molto comune in quelli che ripetono di sovente gli stessi movimenti oppure negli atleti, caratterizzante da dolore al collo e lungo il braccio, può instaurarsi per un'estensione, un’inclinazione laterale o rotazioni improvvise del collo dato che in questa maniera si riduce dallo stesso lato lo spazio da cui fuoriesce la radice del nervo.

Devi anche sapere che la lordosi cervicale altro non è che una curva ad arco con convessità anteriore presente nel collo e rappresenta un elemento fondamentale per il mantenimento della stazione eretta. Questa curva può essere ridotta o persa (fig. 1) con l’età, a seguito di traumi (colpo di frusta) o per posture scorrette e protratte troppo a lungo durante la giornata e nei luoghi di lavoro. Spesso si è visto che un’accentuata o una completa perdita della lordosi fisiologica è presente nelle persone che maggiormente soffrono di dolori al collo (Harrison et al. 2004), ma questo non è sempre vero (Grobet al. 2007, Kim et al. 2015).

Ricordati quello che hai letto precedentemente: il dolore è un fenomeno complesso e non spiegabile sempre in modo lineare. Un collo leggermente ricurvo - con lordosi fisiologica tra i 31 e i 40 gradi (McAviney et al. 2005) – rappresenta un vantaggio rispetto ad un collo rettilineizzato (inferiore a 20 gradi) con orientamento quindi più diritto, in quanto risulta funzionale nell’ammortizzare gli shock trasmessi alla colonna vertebrale dal capo e collo che si verificano durante le attività fisiche di natura dinamica ed esplosiva (salti, corsa).

McAviney et al. nel 2005 sulla rivista “Journal of Manipulative and Physiological Therapeutic” rivela che i pazienti con verticalità completa o addirittura inversione della fisiologica lordosi del rachide cervicale, hanno una probabilità 18 volte maggiore di soffrire di cervicalgia, rispetto a coloro che rientrano tra i valori considerati fisiologici. Gli autori dello studio raccomandano un ripristino della fisiologica lordosi cervicale come un obiettivo clinico significativo nel trattamento dei pazienti con dolore al collo (approfondiremo nella seconda parte di questo articolo e capiremo in un futuro articolo la relazione che intercorre tra il dolore e la postura). Fig.1

Rimedi per il mal di collo?

Hai compreso che il dolore al collo (e in realtà il dolore presente ovunque nel corpo) è di natura multifattoriale, con persone che segnalano sintomi diversi a seconda del problema, delle influenze psicosociali e dell'età. Queste presentazioni cliniche complesse richiedono un piano di trattamento personalizzato in base alla capacità funzionale, ai sintomi specifici di ciascun paziente e alle proprie aspettative.

L'obiettivo della classificazione è determinare l'approccio terapeutico che risulti il più probabile che ottenga il miglior risultato clinico per il singolo paziente. La classificazione può anche determinare l'adeguatezza del paziente per la fisioterapia. Simile al modello di classificazione basato sul trattamento proposto da Delitto et al per la lombalgia, Childs et al hanno sviluppato un sistema per i disturbi del rachide cervicale.

Il primo passo in questo sistema di classificazione determina se il paziente sia idoneo alla fisioterapia. Questa fase prevede lo screening delle "bandiere rosse" (mielopatia cervicale, cancro, instabilità legamentosa, frattura e compromissione vascolare) e cause non muscolo-scheletriche del dolore al collo (ad esempio un sospetto o recente evento cardiaco).

Questo stadio preliminare è fondamentale per escludere patologie significative che necessitino il rinvio al medico per richieste di ulteriori immagini radiologiche e / o altre indagini strumentali prima di iniziare un ciclo di fisioterapia. Durante questa fase, due specifiche regole di predizione clinica (CPR) possono aiutare a formulare il miglior giudizio clinico: la CPR per la mielopatia cervicale (Cook et al. 2010) e le “Canadian Cervical Spine Rules” per il rischio di fratture (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2770593/)

Il paziente è pronto per il trattamento?

Dopo aver escluso la presenza di una o più patologia gravi, il profilo psicosociale del paziente deve essere sottoposto a screening per individuare eventuali "bandiere gialle" che possano alterare l'approccio terapeutico (catastrofismo, convinzioni negative, paura del movimento ecc ). Questi pazienti possono trarre beneficio da un’ esposizione progressiva all’esercizio terapeutico o al ricondizionamento fisico generale (aerobica, pesi ecc.), e/o un programma di educazione al dolore, oltre che ai trattamenti previsti per la categoria di appartenenza del paziente secondo il sistema di classificazione basata sul trattamento ritenuto più idoneo.

dolore al collo obiettivi terapeutici

Qual’ è la categoria di trattamento più corretto e idoneo per il paziente?

Lo stadio finale di questa classificazione determina la categoria di appartenenza per il trattamento più benefico per il paziente.

Il sistema di classificazione per il dolore al collo può essere suddiviso in cinque categorie distinte:

Gruppo Mobilità

Il gruppo “mobilità” riceve interventi di manipolazione e mobilizzazione cervicale e / o toracica insieme a esercizi cervicali (movimento attivo dei flessori cervicali profondi- a tal riguardo vedi la seconda parte dell’articolo). L'identificazione di questi pazienti può essere migliorata implementando le seguenti regole di predizione clinica per la manipolazione della colonna cervicale: http://www.clinicalprediction.com/cervical- manipulation-clinical-prediction-rule/ , e di quella toracica: http://www.clinicalprediction.com/thoracic-

Gruppo Centralizzazione

I pazienti nel gruppo di “centralizzazione” dovrebbero ricevere interventi al fine di centralizzare i sintomi, vale a dire impegnare il paziente in movimenti o trattamenti manuali volti a far percepire i propri sintomi più centralmente e in prossimità della colonna cervicale, anziché più distalmente da essa (spalle, braccia ecc). Ciò è perseguibile attraverso l'uso della propria specifica preferenza direzionale che permetta la realizzazione di questo fenomeno, tramite il ricorso a movimenti ripetuti, o attraverso l'uso della trazione cervicale manuale. La CRP di Raney et al. può aiutare a identificare le persone che beneficeranno della trazione cervicale (https://link.springer.com/article/10.1007%2Fs00586-008-0859-7).

Gruppo Esercizio e Condizionamento fisico

I pazienti che beneficeranno del condizionamento fisico generale mostrano generalmente punteggi più bassi di dolore / disabilità (come visto nelle “bandiere gialle”). Mentre la loro durata dei sintomi è più lunga, quindi soprattutto cronica, di solito traggono beneficio da interventi mirati di rinforzo e di resistenza muscolare che migliorano gli squilibri muscolari e / o i deficit causati da muscoli più “forti”che possono inibire i rispettivi antagonisti (Janda, Greenman) creando compensi di varia natura tra il rachide cervicale e quello dorsale che sono intimamente connessi (Colonna 2006). Nel 2008, una serie di linee guida cliniche pubblicate dall’American Physical Therapy Association per il trattamento delle cervicalgie sollecitavano la partecipazione attiva all’esercizio (Childs et al. 2008). Allo stesso modo in cui il farmaco è prescritto nei dosaggi richiesti, è consigliato un grado di precisione simile alle prescrizioni sull’attività fisica: questo è l’esercizio terapeutico che si differenzia dall’esercizio generale,dal fitness e dal classico allenamento in palestra (che recano comunque innegabili benefici). Da qui lo sviluppo del formato FITT: frequenza, intensità, tempo e tipo (Oberg 2007).

Gruppo Controllo del Dolore

Il gruppo di “controllo del dolore” consiste nell’utilizzo di tecniche manuali non aggravanti, modalità terapeutiche passive come il ricorso al calore o al freddo e a elettromedicali (Low level laser, Ultrasuoni, Tecar, elettroterapia), con la modifica delle attività quotidiane. Il paziente dovrebbe essere portato a una categoria di classificazione più attiva non appena ne sia in grado.

Gruppo Mal di Testa

Il gruppo “mal di testa” viene trattato con tecniche di terapia manuale diretta alla colonna vertebrale cervicale e toracica (manipolazione vertebrale, mobilizzazione generale ed in artrocinematica, rilascio dei muscoli sub-occipitali, release miofasciale, trigger/tender points ecc.); esercizio fisico e terapeutico (l’aerobica risulta più utile in alcuni tipi di mal di testa mentre il rinforzo muscolare in altri); lavoro di mobilità rivolta alle spalle e braccia

La classificazione cambia assieme al paziente.

Come affermato in Chad Cook, "Terapia manuale per la colonna cervicale: un approccio basato sull'evidenza", il processo di classificazione è in continuo sviluppo perché la condizione clinica del paziente cambia con il tempo e così il trattamento. È necessaria una rivalutazione continua per determinare il sottogruppo più appropriato e il successivo intervento in qualsiasi momento del percorso terapeutico.

Supportato da prove

Le prove supportano l'efficacia di questo sistema di classificazione. Nel 2007 Fritz et al hanno svolto un'indagine preliminare sull'utilità di questo particolare approccio di trattamento. Le caratteristiche e le valutazioni di base del paziente sono state eseguite su 274 pazienti e i soggetti sono stati divisi in due gruppi: 113 di questi pazienti hanno ricevuto interventi corrispondenti alla categoria di appartenenza 161 pazienti hanno ricevuto interventi generali.

I pazienti che hanno ricevuto gli interventi mirati secondo la classificazione hanno mostrato i migliori cambiamenti (il 72,5%) sia nei punteggi della scala Neck Disability Index (NDI), sia in quelli della valutazione del dolore rispetto all’altro gruppo. Interessante anche il case report condotto da Heintz and Hegedus riguardo a un paziente che presentava dolore al collo trattato con successo con questo sistema di classificazione basato sul trattamento. Siamo giunti al termine di questa prima parte di due sul dolore cronico al collo e dato l’interesse che hai dimostrato per questo argomento voglio premiarti con una tra le più importanti ed attuali linee guida:

Childs, Cleland, JOSPT 2017: https://www.jospt.org/doi/pdf/10.2519/jospt.2017.0302

Sintesi per il trattamento del dolore cronico al collo con deficit di mobilità (pagina A2)

Evidenza B: un approccio multimodale di manipolazione toracica e manipolazione cervicale o mobilizzazione.

Esercizio misto per le regioni cervicali / scapolo-toraciche, esercizio neuromuscolare (ad es. coordinazione, propriocezione e allenamento posturale), stretching, rinforzo, allenamento alla resistenza muscolare, condizionamento aerobico ed elementi affettivi cognitivi

Dry needling, laser o trazione intermittente meccanica / manuale

Evidenza C: approcci terapeutici per gli esercizi al collo, cingolo-scapolare e tronco e strategie educative e di consulenza per promuovere uno stile di vita attivo e indirizzato ai fattori cognitivi e affettivi.

Nella seconda parte di questo articolo partiremo da dove abbiamo appena terminato: saranno indagati l’esercizio terapeutico e le manipolazione cervicali, con il sostegno delle migliori prove di efficacia e le più recenti evidenze promosse dalle linee guida internazionali.

N.B: alcuni studi presenti nel testo (link o nome dell’autore) e altresì quelli indicati nella seguente bibliografia possono essere direttamente consultabili cliccandoci sopra.

La fisioterapia per il dolore al collo

Il deficit nelle performance dei muscoli cervicali può verificarsi rapidamente dopo l'insorgenza del dolore al collo e può persistere nonostante la riduzione o risoluzione dei sintomi (Sterling et al., 2003). La ricerca ha dimostrato che gli esercizi per migliorare la coordinazione, la resistenza, o la forza possono risolvere i sintomi di dolore al collo (Sarig-Bahat 2003).

Questo è logico dato che la muscolatura del collo fornisce quasi l'80% della stabilità al rachide cervicale (Panjabi et al., 1998). I muscoli profondi flessori cervicali (DCF) situati nella loggia anteriore del collo e in profondità e i muscoli estensori cervicali profondi (DCE), appaiono, in particolare, proni alla compromissione nei pazienti con dolore al collo (Sterling et al. 2003). Questi muscoli hanno un'alta densità di fibre tipo 1 e di fusi neuromuscolari (importanti recettori) e sono vulnerabili all’inibizione del dolore, vale a dire che possono facilmente divenire la principale fonte dei sintomi (Boyd-Clark et al., 2002).

Ridotto controllo motorio e difficoltà muscolare possono causare un movimento indesiderato tra i distretti del collo o instabilità durante la contrazione dei lunghi muscoli superficiali (Winters & Peles 1990).

Quindi la riabilitazione iniziale dovrebbe essere rivolto al miglioramento della performance muscolare e soprattutto alla coordinazione dei muscoli cervicali profondi.

Esercizi per il mal di collo migliorando la coordinazione muscolare

I pazienti con cervicalgia tendono ad avere un’alterata attività dei DCF ma un’elevata attivazione dei muscoli flessori superficiali (sternocleidomastoideo , scaleno anteriore) durante la flessione cranio-cervicale (Falla et al., 2004a, Chui et al. 2005).

In questo esercizio (Fig. A) il paziente tenta di "appiattire" la lordosi cervicale che richiede la contrazione dei DCF (Mayoux-Benhamou et al., 1994), riducendo al minimo l’intervento dello sternocleidomastoideo (rilevabile anche con dispositivo di pressione e feedback). Lo sforzo contrattile dovrebbe essere basso e il paziente dovrebbe concentrarsi sul controllo preciso del movimento. Esercizi a basso carico ( circa 20% della massima contrazione volontaria) hanno dimostrato di facilitare di più l’attivazione selettiva dei DCF, riducendo al minimo l'attività dei muscoli sinergici superficiali (O'Leary et al., 2007b).

L'esercizio terapeutico produce un effetto antalgico, abbassa il dolore in tempi più brevi rispetto al ricorso ad intensità di carico maggiori e risulta più idoneo quando la gestione del dolore risulta un obbiettivo primario (paziente severo/irritabile). L'esercizio al di sopra della soglia del dolore può compromettere il controllo neuromuscolare (Falla 2007) ma alcune ricerche vanno nella direzione opposta (Hendrik et al. 2017, https://bjsm.bmj.com/content/early/2017/06/07/bjsports-2016-097383)

 

esercizio mal di collo

 

La flessione cranio-cervicale controllata può essere eseguita anche senza dispositivo di pressione (fig. B,C,D). Questo esercizio può essere fatto inizialmente seduto o in piedi per ridurre al minimo la resistenza contro gravità e poi in seguito reclinato per aumentare la difficoltà, sempre controllando con la propria mano che lo sternocleidomastoideo (SCM) non si attivi in modo importante.

esercizio per far passare il dolore al colloesercizio per il dolore al collo

flessione cranio sacrale per far passare il dolore al collo

Una volta che il paziente riesce ad annuire o fare il “doppio mento” mentre è in posizione supina con una minima attivazione dello SCM, può praticare la flessione della colonna cervicale inferiore mentre mantiene la parte cervicale superiore in flessione (Fig. E). Gli SCM sono tenuti a flettere i segmenti cervicali inferiori, quindi il paziente qui non ha bisogno di palpare gli SCM durante il movimento combinato del rachide superiore e inferiore.

flessione della colonna cervicaleesercizio per far passare il dolore al collo

 

L’inabilità a sostenere la flessione cervicale superiore durante questo esercizio si traduce nella protrusione della testa (Fig. F), e questo significa che l'esercizio è troppo impegnativo e dovrebbe essere riproposto in seguito.

esercizio cervicale con protrusione per far passare il dolore al collo

 

Krout e Anderson (1966) hanno sperimentato con successo l’esercizio mostrato nella figura E su alcuni pazienti con dolore al collo non specifico ed i risultati sono stati da buoni fino ad una completa regressione dei sintomi. Gli esercizi per i DCF possono essere particolarmente importanti per i pazienti con cefalea cervicogenica, che sono inclini ad avere scarsa forza e resistenza dei flessori profondi - DCF (Watson & Trott 1993, Jull et al., 1999) e deboli estensori cervicali (Placzek et al., 1999).

cervicale inferiore estensione profonda e mal di collo

 

Le raccomandazioni basate sull'evidenza per facilitare l'attivazione selettiva degli estensori profondi (DCE) sono però scarse. O'Leary nel 2009 ha proposto di flettere ed estendere la parte inferiore della cervicale mantenendo la zona cranio-cervicale neutra, attivando così gli estensori cervicali profondi mentre risulta minimizzata l'attività degli estensori più superficiali (Fig. G).

 

Il mio metodo preferito per reclutare gli estensori è mostrato nella figura H. Questo esercizio fornisce una resistenza progressiva e controllata dal paziente, oltre ad attivare gli arti superiori. Esercizi isometrici a bassa intensità anche per i muscoli responsabili della rotazione del collo sono consigliati per facilitare la co-contrazione dei flessori del collo e degli estensori (Jull et al., 2007b).

contrazione flessori per il mal collo

Esercizi per la resistenza e forza muscolare del collo

Per ridurre il dolore cronico al collo, almeno nelle donne (Waling et al., 2000, Ylinen et al., 2006), sono indicati gli esercizi che aumentano la resistenza alla fatica dei muscoli cervicali e toracici superiori, soprattutto verso chi si ritrova a dover mantenere posture sostenute durante la giornata.

I pazienti con dolore al collo sono stati trovati ad adottare una postura della testa in avanti e a mantenere con difficoltà una postura eretta quando si è seduti (Szeto et al., 2002). Una postura più ergonomica in posizione seduta riduce significativamente l’attivazione muscolare nel collo - si parla di carico al collo, non di dolore - nel torace, nella spalla e nel viso rispetto a una postura con testa protrusa (McLean 2005).

Una revisione sistematica della letteratura fino al Febbraio 2017 è stata eseguita indipendentemente da due ricercatori ed hanno trovato che esiste una evidenza 1a (forte) che indica che l’esercizio terapeutico può modificare efficacemente l’angolo cranio-vertebrale (migliora la “postura” del capo) e un’evidenza di libello 1b (moderata) che suggerisce che può migliorare il dolore (https://www.jmptonline.org/article/S0161-4754(17)30192-6/pdf)

Occorre precisare che ad oggi nella letteratura scientifica è dimostrata si l’esistenza di una correlazione tra postura e dolore (vale a dire che esiste un rapporto tra di loro) ma nessuna relazione di causa-effetto, cioè non possiamo dire che a data postura sia conseguente la comparsa della stimolazione dolorosa (indagheremo il rapporto postura-dolore in un prossimo articolo, non perdetevelo!).

Tornando a noi, è dimostrato che la debolezza colpisce in particolare i muscoli trapezi (Andersen et al., 2008). Un buon esercizio risulta quello che vede il paziente in abduzioni di spalle mentre sta in piedi con la schiena appoggiata al muro (Fig. I). In questo modo gli effetti positivi possono rivolgersi sia al deficit dei trapezi, sia al rachide in toto con uno stimolo strutturale più generale (Sahrmann 2002).

 

rachide cervicale stimolo strutturale abduzione spalle

 

Esercizi aggiuntivi per i muscoli peri-scapolari sono stati usati in vari protocolli di riabilitazione del collo (ad esempio abduzione di spalla, flessione, estensione, retrazione scapolare, piegamenti con le braccia, pull-down ecc.), e sono stati riportati benefici associati alla riduzione del dolore (Randlov et al 1998, Waling et al 2000).

Vale la pena notare che il rachide cervicale e la testa devono essere stabilizzati durante i movimenti delle braccia (soprattutto in quelli più alti) dai muscoli trapezio superiore ed elevatore della scapola, questo per permettere una trasmissione di forza significativa lungo le scapole. La mancata stabilità e fissazione inadeguata, si tradurrà nell’estensione della testa e del collo con maggiore attivazione degli antagonisti flessori (Porterfield & DeRosa 1995), con magari precoce affaticamento durante alcuni lavori manuali.

Ylinen e colleghi (2006) hanno riferito che il maggiore guadagno di forza nelle donne si è verificato concomitante la riduzione del dolore cronico al collo nei primi 2 mesi di esercizio terapeutico rivolto alla forza o resistenza. Viene consigliato almeno un ciclo di 8 settimane per raccogliere i benefici i quali si sono mantenuti anche fino ai successivi 3 anni.

La resistenza e/o l'allenamento della forza possono essere particolarmente efficaci per le donne (Ylinen 2003, 2006, 2007) le quali possiedono i flessori del collo e gli estensori con circa il 20%/30% in meno di forza rispetto agli uomini, a parità di grandezza muscolare (Vasavada et al. 2008). Di conseguenza, il collo delle donne si può affaticare in anticipo, diminuendo la capacità dei muscoli di stabilizzare il rachide cervicale così come accade presumibilmente anche nel collo degli anziani: l'esercizio progressivo rivolto alla spalle e al collo viene confermato anche per questa categoria di pazienti (https://tmu.pure.elsevier.com/en/publications/progressive-shoulder-neck-exercise-on-cervical-muscle-functions-i)

Ecco che l’esercizio riduce il rischio di un nuovo episodio di dolore al collo mentre al contrario programmi ergonomici non riducono il rischio di un nuovo episodio: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1836955318300535

Pazienti con alta irritabilità possono tollerare solo brevi periodi di esercizio a bassa intensità, mentre i pazienti con moderata o bassa irritabilità possono essere tolleranti verso sessioni di allenamento più lunghe e intense. L’American College of Sports Medicine (2002) raccomanda un set per esercizio, con ogni set eseguito al cedimento. Pollock e colleghi (1993) hanno riferito che i guadagni di forza negli estensori cervicali non erano statisticamente diversi tra soggetti sani che hanno eseguito un solo set da 8 a 12 ripetizioni o piuttosto che due serie da 8 a 12 ripetizioni due volte a settimana per 12 settimane. Randløv et al. (1998) non ha trovato differenze oltre i 3 mesi nel dolore, forza o resistenza tra gruppi di pazienti che hanno eseguito una sola serie o cinque serie in esercizi per la cervicale e le spalle: la regola è di impegnarsi ad ogni serie per renderla difficile e di non eccedere inizialmente con un volume (esercizi, serie) eccessivo.

Esercizi per migliorare la mobilità del collo

Alcune prove supportano l'uso dell'auto-stretching per alleviare il dolore, almeno a breve termine, in pazienti con dolore al collo. Ylinen et al. (2007b) hanno confrontato l'efficacia della terapia manuale bisettimanale (massaggio muscolare profondo, stretching e tecniche di mobilizzazione specifica articolare) con un regime di stretching che prevedeva il mantenimento di 30 secondi con tre serie per ogni posizione, assieme alla retrazione del collo eseguita con 5 serie dalla durata di 3-5 secondi, per cinque volte alla settimana in pazienti con dolore cronico. Lo stretching e la terapia manuale sono stati trovati essere ugualmente efficaci nell'abolire il dolore a 4 e a 12 settimane di controllo.

La terapia manuale era leggermente più efficace nel ridurre la disabilità e la rigidità del collo rispetto allo stretching, ma la differenza clinica era minima. Childs (2008) suggerisce che dovrebbero essere considerato un programma di stretching per la parte anteriore / mediale / scaleni posteriori, trapezio superiore, elevatore della scapola, piccolo e grande pettorale. Risulta molto indicato lo stretching dei muscoli scaleno anteriore e sternocleidomastoideo (Fig. L-M), che promuovono una postura con "testa in avanti" quando accorciati.

I pazienti con importanti deficit nella rotazione cervicale possono trarre beneficio dalla rotazione attiva o attiva-assistita sopra un pallone parzialmente gonfiato in posizione supina (Fig O).

 

cervicale e stretching muscoli scaleno anteriore e sternocleidomastoideodolore al collo e stretching muscoli scaleno anteriore e sternocleidomastoideo

 

Di seguito sono indicati esempi di auto-stretching da utilizzare in ufficio o nel luogo di lavoro a cadenze regolari (tratta da Spine Center).

 

cervicale allungamento da ufficio

I pazienti con dolore al collo assieme ad un aumento della cifosi toracica può trarre beneficio da un allungamento del muscolo piccolo pettorale e / o estensione toracica tramite auto-mobilizzazione, utilizzando uno schienale o un rullo per creare un fulcro (o foam roller) in base alle capacità (Fig. N).

 

allungamento del muscolo piccolo pettorale e o estensione toracica

 

Per facilitare la rotazione, un nylon o cinturino può essere utilizzato per impartire una forza anteriore diretta al processo articolare opposto al segmento cervicale ipomobile, con il paziente che ruota il collo attivamente con la testa in appoggio: se non ruotate bene il collo verso sinistra, il cinturino va tirato dal lato destro (Fig. O). L’esercizio di rotazione facilitata eseguito da seduto è stato segnalato essere efficace nel ridurre i sintomi della cefalea cervicogenica del 50% entro 4 settimane in pazienti che presentavano al test un deficit di rotazione di 10 gradi o più nella posizione di piena flessione del collo (Hall et al., 2007).

Per l’estensione del collo è possibile usare un cinturino, un asciugamano o un elastico con fulcro sotto il segmento ipomobile (Fig. P)

esercizio di rotazione facilitataesercizio estensione collo

 

In alternativa, i pazienti possono anche essere educati ad usare il proprio indice e / o medio così da creare un fulcro dinamico e accomodante (Fig. Q).

 

esercizio estensione collo autonomo

Tecniche di mobilizzazione dei nervi del collo

Le tecniche di mobilizzazione dei nervi possono essere utili per i pazienti che lamentano dolore al collo e alle braccia, facilitando un migliore scorrimento del tessuto nervoso (Murphy et al., 2006). Coppieters et al. (2009) hanno riferito che l'escursione nervosa era maggiore con una tecnica di scorrimento che vede una estremità tesa mentre l’altra è allentata, rispetto a una tecnica di tensionamento che allontana gli estremi del nervo.

La neurodinamica può davvero contribuire in modo decisivo al miglioramento dei sintomi del paziente, soprattutto verso quelli attribuibili all’irritazione e infiammazione del nervo come la parestesia (formicolio), la riduzione del trofismo e la debolezza muscolare.

I seguenti esempi permettono di mobilizzare il nervo mediano con il tensionamento (R), lo scorrimento (S)

 

mobilizzazione nervo mediano tecnica di tensionamento e scorrimento

 

Nessuno studio ha studiato l'influenza dell'allineamento delle scapole sulla sensibilizzazione del tessuto nervoso dell'arto superiore in persone altrimenti asintomatiche, ad eccezione del seguente: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S246878121730053X?via%3Dihub.

Le persone con scapole depresse (più basse) presentano una maggiore meccano-sensibilità del collo e della membrana neurale degli arti superiori rispetto alle persone con un più fisiologico orientamento scapolare: ecco spiegato il potenziale sviluppo del dolore al collo e al braccio a causa di una posizione più caudale della scapola.

I pazienti con sintomi radicolari possono anche beneficiare di esercizi direzionali specifici. McKenzie (2009) ha sostenuto l'esecuzione di movimenti ripetuti (con concomitanti procedure manuali secondo necessità) in direzioni che promuovono la migrazione dei sintomi da distale a prossimale ("centralizzazione").

Kjellman e Oberg (2002) hanno riferito che il metodo McKenzie non era però più efficace all’esercizio generale o dell’ultrasuono terapia a bassa intensità in combinazione con un programma di educazione in pazienti con dolore al collo non specifico. Un esercizio popolare nell'approccio McKenzie è la retrazione cervicale (Fig T), che può essere usato per aumentare l’articolarità nella flessione dei segmenti cervicali superiori (Ordway et al. 1999), per ridurre la posizione anteriore della parte inferiore del collo e per reclutare coordinatamente gli estensori cervicali superficiali e profondi (Mayoux-Benhamou et al., 1994). Questo può essere particolarmente importante per i pazienti con una postura della “testa in avanti”.

 

esercizio di retrazione cervicale

E le manipolazioni cervicali?

Secondo le linee guida sul dolore al collo pubblicate da Childs et al. https://www.jospt.org/doi/pdf/10.2519/jospt.2008.0303, la terapia manuale (soprattutto mobilizzazione e manipolazione) è stata valutata con "A" (evidenza forte) e con "1" (prove da studi RCT, prospettici o diagnostici di alta qualità) nel trattamento del dolore al collo. Queste linee guida sostengono la mobilizzazione sia manipolativa sia di grado inferiore nel ridurre il dolore al collo e i sintomi della cefalea cervicogenica.

Inoltre Walker et al  hanno condotto nello stesso anno uno studio randomizzato (RCT) nella gestione del dolore cervicale meccanico, ed hanno concluso che la la combinazione di terapia manuale e di esercizio fisico risulta superiore di circa il doppio rispetto ad altri interventi. Questi risultati sono di buon auspicio per un approccio terapeutico completo, ma esistono prove a sostegno dell'uso della manipolazione cervicale in isolamento?

Saavedra-Hernández et al hanno recentemente pubblicato un RCT che studia gli effetti a breve termine della manipolazione spinale in soggetti che soffrono di dolore cronico al collo. Quelli nel programma completo (manipolazione cervicale, giunzione cervicotoracica, e torace) hanno ottenuto una maggiore riduzione della disabilità rispetto al gruppo di manipolazione isolata alla cervicale. Ciò fornisce supporto a un approccio terapeutico più completo e non circoscritto al rachide cervicale. Con così tante opzioni disponibili per il fisioterapista, come possiamo sapere quando usare la manipolazione al collo? Di seguito le regole di predizione clinica (CPR) secondo le quali il paziente possa beneficiare della manipolazione cervicale:

 

cervicale e regole di predizione clinica

 

Puentedura 2012: https://www.jospt.org/doi/pdf/10.2519/jospt.2012.4243 Tseng 2006: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16380287 Cleland 2007, pazienti che beneficiano della manipolazione toracica: https://academic.oup.com/ptj/article/87/1/9/2742106Fle

Un intervento che viene tipicamente utilizzato al posto della manipolazione è una mobilizzazione articolare di grado inferiore ( gradi I-IV).  Dunning et al  si sono proposti di determinare se una combinazione di manipolazione toracica e cervicale fosse più efficace delle tecniche di non manipolazione. Al follow-up (48 ore dopo l'intervento) i benefici della manipolazione hanno superato quelli della mobilizzazione (almeno nel breve termine, sia chiaro).

Questo studio è in accordo con uno studio precedente di Cassidy et al. in cui il gruppo di manipolazione ha prodotto migliori risultati nell'intensità del dolore. Tuttavia, contrariamente ai risultati di questi due studi, ci sono stati alcuni che hanno rilevato una mancanza di miglioramenti significativi tra manipolazione e mobilizzazione (Hurwitz et al, Boyles et al, Leaver et al).

La manipolazione cervicale, in realtà la manipolazione in generale, non è un intervento che dovrebbe essere utilizzato su ogni paziente. Ci sono sottogruppi specifici in cui la manipolazione è estremamente utile (vedi tabella sopra) e poi ci sono pazienti che non mostrano alcun miglioramento con il suo ricorso. In base al rischio, anche se molto minimo, (ma lo vedremo in un prossimo articolo) e agli effetti terapeutici simili ad altri interventi apparentemente meno provocatori, propongo che la manipolazione cervicale debba rappresentare un potenziale intervento, a seguito di specifiche caratteristiche del paziente e dei suoi sintomi (vedi il primo articolo, sistema di classificazione del paziente).

In generale, credo che se hai esaurito altri approcci terapeutici e il paziente non ha risposto in modo adeguato, potrebbe essere il momento di prendere in considerazione metodi più diretti come la manipolazione. Gli esercizi di controllo motorio, di stabilizzazione e di direzione preferenziale non devono essere esclusi e in realtà ricoprono il ruolo maggiore nel trattamento del dolore cronico al collo. Come visto in alcuni studi di questo articolo, i benefici della manipolazione sono di gran lunga superiori se abbinati ad un appropriato esercizio terapeutico. Infatti una revisione sistematica condotta da Gross et al (alta evidenza scientifica) ha confermato che il trattamento combinato (terapia manuale + esercizio) è superiore a qualsiasi trattamento preso in isolamento.

Un esempio di trattamento manipolativo: Manipolazione toracica → Manipolazione cervicotoracica → Mobilizzazione cervicale (Grado III / IV) → Incontra la CPR? Cfr.tabella sopra + anamnesi → Manipolazione cervicale (Grado V)

Farmaci per far passare il mal di collo

La scelta del farmaco dipende dai profili individuali e le opzioni includono: farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e il paracetamolo. Le proprietà di antinfiammatorio e di analgesico, rispettivamente, li rendono comuni agenti di prima linea, sebbene recentemente il paracetamolo sia stato decisamente ridimensionato nella lotta al dolore acuto e cronico (ad esempio per la lombalgia: https://www.bmj.com/content/350/bmj.h122). Si consiglia la moderazione per evitare effetti collaterali non necessari.

Vitamine e integratori

Varie vitamine e integratori possono essere utilizzati per controllare il dolore e consentire un miglioramento nella funzione quotidiana. Alcuni esempi sono:

  • Agenti anti-infiammatori naturali - acidi grassi omega-3, corteccia di salice bianco, bromelina, estratto di corteccia di pino (picnogenolo), olio evo;
  • Salute ossea / muscolare e immunitaria - Vitamina D;
  • Artrite / salute cartilagine –glucosamina, condroitina solfato, MSM, vitamina C, Curcuma;
  • Neuropatia / salute del nervo - Vitamina B6, acido α-lipoico, acetil-L-carnitina.

Concludendo ecco tre importanti linea guida attuali con le migliori evidenze di trattamento per la cervicalgia in base alla durata dei sintomi e/o alla gravità degli stessi:

Childs, Cleland, JOSPT 2017 (vedi la sintesi nella prima parte); https://www.jospt.org/doi/pdf/10.2519/jospt.2017.0302

APTA Clinical Practice Guideline 2018: https://academic.oup.com/ptj/article/98/3/162/4689128

Protocollo Ontario: https://link.springer.com/article/10.1007%2Fs00586-016-4467-7

Tabella riassuntiva dei trattamenti: https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/41633862_472149416614797_6528800436852359168_n.png?_nc_cat=102&_nc_ht=scontent-mxp1-1.xx&oh=0125826d728fd14b7b087c81ac6bfc1d&oe=5C3FA6EF

Per ovvie ragioni non è stato possibile affrontare il mondo della cervicalgia a 360 gradi ma spero di aver offerto spunti interessanti, cercando di dare più risalto ai temi che secondo l’autore valgono la pena di essere approfonditi, il tutto supportato da prove.

Se siete interessati alla lettura di articoli su argomenti che vi interessano particolarmente, fatecelo sapere!

N.B.: parte della bibliografia di riferimento è possibile già consultarla direttamente all’interno dell’articolo. La Bibliografia per intera è possibile richiederla alla seguente mail, così come altre informazioni o richieste: marcofisiolab@gmail.com

 

I contenuti di questo articolo hanno scopo puramente divulgativo e non possono in alcun modo sostituirsi a valutazioni di un medico o a diagnosi mediche, o alla valutazione e trattamento del Fisioterapista. Risulta declinata pertanto qualsiasi responsabilità per danni a cose e o persone derivanti dall'applicazione diretta o indiretta di qualsiasi informazione presente in questo portale, e raccomanda ai suoi visitatori di consultare il personale medico e sanitario di riferimento.

 

Articolo a cura di Marco Di Ruscio Dott.re in Fisioterapia, Osteopata, Personal Trainer certificato Issa Europe, laureato in sc.politiche.

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Pagina Facebook: https://www.facebook.com/www.personalfitnesstrainer.it

 

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Autori

Di Ruscio Marco

Fisioterapista, Osteopata, Personal Trainer

laureato in Fisioterapia con la valutazione di 110 e lode presso l’Università di Medicina e Chirurgia de L’Aquila.

Diploma di personal trainer rilasciato dall’International Sports Sciences Assotiation (ISSA) riconfermando ogni anno la suddetta certificazione tramite seminari di aggiornamento monotematici.

Diplomato in Osteopatia e in Posturologia. 

La visione multicentrica della persona, secondo un’analisi trasversale volta all’individuazione delle problematiche, quindi delle risorse che risultino funzionali alla risoluzione del disturbo.

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