Frattura al calcagno il trattamento e la terapia fisioterapica
Introduzione - Frattura al calcagno il trattamento e la terapia fisioterapica
Hai dolore alla calcagno? Purtroppo è un sintomo di una possibile frattura e spesso non affrontato dal giusto specialista.
Il Fisioterapista ti può essere utile per tornare a star bene. In questo articolo vedremo quali sono i sintomi della frattura al calcagno, le cause della frattura al calcagno e ti daremo delle soluzioni utili.
Tutti gli articoli sono scritti da SPECIALISTI, FISIOTERAPISTI che si occupano ogni giorno di migliorare la salute dei loro pazienti!
Le fratture del calcagno sono le più comuni del tarso, avvengono tipicamente in età adulta e sono causate quasi sempre da trauma diretto (per caduta dall’alto sul tallone). Vengono trattate con gambaletto gessato e fisioterapia.
In base alla sede colpita dal trauma, sono classificate in:
- fratture isolate dell’apofisi: quando comprendono le estremità dell’osso;
- fratture isolate del corpo: che a loro volta si dividono in talamiche, pretalamiche e retrotalamiche;
- fratture pluriframmentarie.
Il Calcagno è l’osso più grande del piede, ha la conformazione di un parallelepipedo rettangolare e si articola con astragalo e cuboide. Quest osso è costituito completamente da tessuto osseo spugnoso,ed è ricoperto di una corticale molto sottile che aumenta il suo spessore nel “talamo”.
Il talamo è una parte importante del calcagno al punto che viene presa come punto di riferimento per le diagnosi delle fratture; si tratta si una prominenza situata in corrispondenza della superficie articolare antero-laterale, proprio dove il calcagno deve sopportare la gran parte delle sollecitazioni trasmesse dall’astragalo.
Sintomatologia
La sintomatologia è rappresentata da:
- Dolore spontaneo che viene esacerbato sotto carico, alla pressione con le dita e alla percussione;
- Ecchimosi con sede plantare;
- Deformità per slargamento del retropiede e appiattimento della volta longitudinale del piede;
- Impotenza funzionale.
Quadro radiologico: l'angolo di Bohler
Il quadro radiografico risulta fondamentale per diagnosticare qualsiasi tipo di frattura. Nel caso delle fratture di Calcagno, la gravità del trauma viene valutato tramite la misurazione dell’angolo tuberositario di Bohler, il quale indica il rapporto articolare tra calcagno e astragalo.
In un soggetto sano, l’angolo di Bohler è di 30 gradi, nelle fratture di primo grado può essere ridotto a 10-15 gradi, nelle fratture di secondo grado l’angolo è prossimo allo 0, e nelle fratture di terzo grado l’risulta addirittura invertito.
La cosa migliore è recarsi in un centro di fisioterapia specializzato e procedere ad una valutazione , che alle volte è anche gratuita.
Complicazioni
Le complicazioni immediate sono molto rare, tra queste si ricorda il caso di una frattura esposta.
Le complicazioni tardive sono:
-l’osteoporosi;
-l’artrosi dell’articolazione e sotto-astragalica
-il piattismo del piede, che può essere motivo di stancabilità mentre il soggetto è in piedi o mentre cammina.
Trattamento
Per fratture isolate dell’apofisi si utilizza un gambaletto gessato con caratteristiche di carico per uno o due mesi, a seconda dell’entità del trauma.
Per fratture del corpo in cui è conservato l’angolo di Bohler si applica un gambaletto gessato per due mesi facendo attenzione a modellare la volta plantare.
Per fratture con infossamento ingente e pluriframmentarie si può interviene chirurgicamente e si immobilizza la parte interessata per circa 3 mesi.
La fisioterapia
Vi racconterò il percorso fisioterapico di Matteo, un giovane studente di 25 anni che ha subito una frattura apofisaria composta a seguito di una brusca caduta. Dopo aver tenuto il gambaletto gessato per 45 giorni, si è recato presso un Centro di Fisioterapia Italia, per la riabilitazione.
Matteo si è presentato alla valutazione iniziale con una diminuzione della muscolatura di tutto l’arto inferiore in cui era avvenuta la frattura, con dolore al movimento del piede e con una tumulazione della caviglia.
In un primo periodo, con un massaggio drenante coadiuvato dalla tecarterapia, abbiamo migliorato il drenaggio dei tessuti, che essendo rimasti immobilizzati per molti giorni, apparivano leggermente edematosi.
Con delle mobilizzazioni passive e con degli allungamenti muscolari andavamo a migliorare la mobilità dell’articolazione tibiotarsica, che era bloccata soprattutto per retrazione del tricipite della sura (il gruppo muscolare posteriore di coscia, chiamato “polpaccio”). Con delle applicazioni di Interix abbiamo contribuito a far diminuire la sintomatologia algica.
In un secondo momento, con il diminuire del dolore e l’aumentare della mobilità, ci siamo concentrati a migliorare la funzionalità del piede con:
- il recupero muscolare mediante esercizi specifici;
- Il recupero della propriocettività di tutto l’arto inferiore tramite esercizi e ausilii idonei al caso (come la tavola propriocettiva).
Matteo è riuscito a riprendersi completamente ed ora è tornato a fare tutte le attività che eseguiva prima del trauma.
Se vuoi affidarti a degli esperti e iniziare a risolvere il problema chiamaci subito e fissa un appuntamento presso uno dei centri di Fisioterapia Italia per una valutazione GRATUITA con fisioterapista specializzato!
Autori
Luca Luciani
Dott.re in Fisioterapia
Fisioterapista, Imprenditore nel settore sanitario e Business Coach.
Dopo la laurea in fisioterapia, ha approfondito le sue conoscenze studiando osteopatia e terapia manuale. Si è specializzato frequentando i corsi di:
- Maitland,
- Cyriax,
- Mulligan,
- McKenzie,
- Neurodynamic Solutions.
Ha frequentato aule con docenti internazionali come:
- Jill Cook,
- Michael Shacklock,
- Gwen Jull,
- Paul Hodges della University of Queensland
- Shirley Sahrmann della Washington University di S. Louis.